Un avventuroso romanzo di formazione ambientato nel ‘700, la storia del sodalizio tra un vispo ragazzino e Lazzaro Spallanzani, naturalista e biologo.
Campagne di Scandiano, seconda metà del Settecento. Un bizzarro personaggio va in cerca di rane lungo i torrenti e sotto gli occhi di Antonio, il giovane figlio di un mugnaio: inizia così il sodalizio fra uno dei più grandi scienziati italiani dell’Illuminismo, l’abate Lazzaro Spallanzani, professore, naturalista e biologo, e un ragazzo di umili origini, intelligente, curioso e desideroso di imparare. Entrato a servizio nella villa dello scienziato, Antonio scoprirà un mondo pieno di libri, ricerche ed esperimenti lontanissimo dalla strada che la sua nascita gli ha destinato. Tra minuziose catalogazioni e incursioni al fiume per acchiappare rane, Antonio si troverà coinvolto in un oscuro intrigo… Chi starà tramando alle spalle dell’abate?
Guido Quarzo e Anna Vivarelli danno vita a una narrazione coinvolgente e ritmata, che si intreccia sapientemente con l’intento divulgativo. Quello che regalano ai giovani lettori è un romanzo di formazione in cui il protagonista, un tredicenne perspicace e volenteroso, si trova catapultato in un ambiente nuovo, tutto da scoprire e da cui attingere nuovi stimoli per sé e per il mondo di origine. Il libro svela dunque una storia avvincente e originale, sullo sfondo dei grandi dibattiti illuministi su natura, progresso e scienza.
Per non interrompere il flusso narrativo, le note sulla figura di Lazzaro Spallanzani e sui suoi studi sono racchiuse in una pratica scheda finale.
Chi era Lazzaro Spallanzani?
Vissuto tra il 1729 e il 1799, è stato un grande scienziato, dalle tante intuizioni brillanti, uno sperimentatore tenace e illuminato, dalla mente aperta e con un entusiasmo da pioniere. Le migliori università se lo contendevano, ma lui restò sempre a Pavia, dove teneva lezione in aule affollatissime. Studiò l’anatomia e la fecondazione artificiale, di cui è stato definito il “padre”. I suoi studi sulle rane rappresentarono la fine di un’idea diffusa all’epoca, cioè che dal non vivente possa generarsi la vita. Lo sviluppo della microbiologia e gli studi sui batteri, i virus, le infezioni si devono proprio alla confutazione della teoria della generazione spontanea: Spallanzani ne dimostrò la falsità, anche se ci volle parecchio tempo perché tutti gli dessero ragione.
Un avventuroso romanzo di formazione ambientato nel ‘700, la storia del sodalizio tra un vispo ragazzino e Lazzaro Spallanzani, naturalista e biologo.
Campagne di Scandiano, seconda metà del Settecento. Un bizzarro personaggio va in cerca di rane lungo i torrenti e sotto gli occhi di Antonio, il giovane figlio di un mugnaio: inizia così il sodalizio fra uno dei più grandi scienziati italiani dell’Illuminismo, l’abate Lazzaro Spallanzani, professore, naturalista e biologo, e un ragazzo di umili origini, intelligente, curioso e desideroso di imparare. Entrato a servizio nella villa dello scienziato, Antonio scoprirà un mondo pieno di libri, ricerche ed esperimenti lontanissimo dalla strada che la sua nascita gli ha destinato. Tra minuziose catalogazioni e incursioni al fiume per acchiappare rane, Antonio si troverà coinvolto in un oscuro intrigo… Chi starà tramando alle spalle dell’abate?
Guido Quarzo e Anna Vivarelli danno vita a una narrazione coinvolgente e ritmata, che si intreccia sapientemente con l’intento divulgativo. Quello che regalano ai giovani lettori è un romanzo di formazione in cui il protagonista, un tredicenne perspicace e volenteroso, si trova catapultato in un ambiente nuovo, tutto da scoprire e da cui attingere nuovi stimoli per sé e per il mondo di origine. Il libro svela dunque una storia avvincente e originale, sullo sfondo dei grandi dibattiti illuministi su natura, progresso e scienza.
Per non interrompere il flusso narrativo, le note sulla figura di Lazzaro Spallanzani e sui suoi studi sono racchiuse in una pratica scheda finale.
Chi era Lazzaro Spallanzani?
Vissuto tra il 1729 e il 1799, è stato un grande scienziato, dalle tante intuizioni brillanti, uno sperimentatore tenace e illuminato, dalla mente aperta e con un entusiasmo da pioniere. Le migliori università se lo contendevano, ma lui restò sempre a Pavia, dove teneva lezione in aule affollatissime. Studiò l’anatomia e la fecondazione artificiale, di cui è stato definito il “padre”. I suoi studi sulle rane rappresentarono la fine di un’idea diffusa all’epoca, cioè che dal non vivente possa generarsi la vita. Lo sviluppo della microbiologia e gli studi sui batteri, i virus, le infezioni si devono proprio alla confutazione della teoria della generazione spontanea: Spallanzani ne dimostrò la falsità, anche se ci volle parecchio tempo perché tutti gli dessero ragione.