Clamoroso happening, manuale di una rivoluziona anarchica non violenta, tentativo di spettacolo totale, Paradise Now è certo la partitura teatrale piú nuova dell'ultimo triennio. Nato nella primavera del '68 nell'isolamento di Cefalú, come un esperimento appartato e ancora laboratoriale, Paradise Now trovava la sua reiale dimensione nel maggio '68 tra le barricate del Quartiere Latino e ad Avignone, durante il Festival duramente contestato, tra studenti, artisti, protestatari di ogni paese: poi in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, in una tournée che ha lasciato dietro di sé uno strascico di incidenti, proteste di benpensanti, atti giudiziari. «La trama è la rivoluzione». Su questo itinerario Paradise Now consiste in un lucido sogno-viaggio in otto stazioni. Ogni stazione di questa ascesa al miracoloso della rivoluzione si compone di tre distinti momenti. Prima un rito, che rappresenta quello che ciascuno degli attori sente o può fare nei riguardi degli altri: una esemplificazione del modo di vita della comunità, che conduce poi come corrispettivo dinamico a un trance o stato visionario collettivo, culminante appunto in una visione; lo sciogliersi della visione determina le azioni, che descrivono il funzionamento concreto della rivoluzione nel mondo e coincidono ogni volta con un richiamo all'intervento del pubblico. L'azione finisce in una pausa di silenzio e di riflessione, necessaria a salire il successivo gradino della scala del paradiso rivoluzionario, e quindi alla celebrazione del nuovo rito.
Cosí Franco Quadri, che ha «montato» questo libro insieme agli attori del Living, spiega la complessa struttura dello spettacolo, non nascondendosi tuttavia le contraddizioni nelle quali sono incappati gli attori nel loro doppio, ambizioso progetto di una tra-sformazione esteriore ed interiore del pubblico. Qualunque sia il giudizio che si voglia dare di quest'esperienza durata circa due anni resta il fatto che Paradise Now rappresenta l'utopia sino ad oggi piú provocatoria di un teatro al dí là del teatro, utopia che mette in questione la funzione stessa dell'artista nella società contemporanea.
Clamoroso happening, manuale di una rivoluziona anarchica non violenta, tentativo di spettacolo totale, Paradise Now è certo la partitura teatrale piú nuova dell'ultimo triennio. Nato nella primavera del '68 nell'isolamento di Cefalú, come un esperimento appartato e ancora laboratoriale, Paradise Now trovava la sua reiale dimensione nel maggio '68 tra le barricate del Quartiere Latino e ad Avignone, durante il Festival duramente contestato, tra studenti, artisti, protestatari di ogni paese: poi in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, in una tournée che ha lasciato dietro di sé uno strascico di incidenti, proteste di benpensanti, atti giudiziari. «La trama è la rivoluzione». Su questo itinerario Paradise Now consiste in un lucido sogno-viaggio in otto stazioni. Ogni stazione di questa ascesa al miracoloso della rivoluzione si compone di tre distinti momenti. Prima un rito, che rappresenta quello che ciascuno degli attori sente o può fare nei riguardi degli altri: una esemplificazione del modo di vita della comunità, che conduce poi come corrispettivo dinamico a un trance o stato visionario collettivo, culminante appunto in una visione; lo sciogliersi della visione determina le azioni, che descrivono il funzionamento concreto della rivoluzione nel mondo e coincidono ogni volta con un richiamo all'intervento del pubblico. L'azione finisce in una pausa di silenzio e di riflessione, necessaria a salire il successivo gradino della scala del paradiso rivoluzionario, e quindi alla celebrazione del nuovo rito.
Cosí Franco Quadri, che ha «montato» questo libro insieme agli attori del Living, spiega la complessa struttura dello spettacolo, non nascondendosi tuttavia le contraddizioni nelle quali sono incappati gli attori nel loro doppio, ambizioso progetto di una tra-sformazione esteriore ed interiore del pubblico. Qualunque sia il giudizio che si voglia dare di quest'esperienza durata circa due anni resta il fatto che Paradise Now rappresenta l'utopia sino ad oggi piú provocatoria di un teatro al dí là del teatro, utopia che mette in questione la funzione stessa dell'artista nella società contemporanea.