Lei e lui si svegliano al mattino l’uno accanto all’altra. Ogni cosa nei loro gesti, nel destarsi dei corpi – che si rieducano alla veglia, dice di una forza magnetica e accidentale che li ha condotti sin lì. I due amanti si osservano, si esplorano, si ripensano e si riconoscono secondo una mappa interiore e fisica da sempre già scritta, e ancora, in fondo, sconosciuta.
Ma il tempo dell’amore è fragile, la perfezione dell’amore provvisoria, e così il risveglio è già presagio del ricordo, e già distanza dalla bellezza del presente. Lei e lui cercano di leggere, l’uno negli occhi dell’altra, il senso della loro relazione, gli indizi che facciano intuire future distanze o ulteriori prossimità. Ma forse – per due amanti – distanza e prossimità sono soltanto uno stato dell’anima, un passaggio del respiro.
L’infinito di amare è l’opera struggente e forte a cui Sergio Claudio Perroni ha lavorato per anni, e l’ultima ad avere, infine, consegnato al suo editore. È il tentativo estremo di dire – con la sua solita precisione chirurgica – la grazia e l’indefinitezza del desiderio, e trattenere ogni luce che fa dell’amore l’amore.
Lei e lui si svegliano al mattino l’uno accanto all’altra. Ogni cosa nei loro gesti, nel destarsi dei corpi – che si rieducano alla veglia, dice di una forza magnetica e accidentale che li ha condotti sin lì. I due amanti si osservano, si esplorano, si ripensano e si riconoscono secondo una mappa interiore e fisica da sempre già scritta, e ancora, in fondo, sconosciuta.
Ma il tempo dell’amore è fragile, la perfezione dell’amore provvisoria, e così il risveglio è già presagio del ricordo, e già distanza dalla bellezza del presente. Lei e lui cercano di leggere, l’uno negli occhi dell’altra, il senso della loro relazione, gli indizi che facciano intuire future distanze o ulteriori prossimità. Ma forse – per due amanti – distanza e prossimità sono soltanto uno stato dell’anima, un passaggio del respiro.
L’infinito di amare è l’opera struggente e forte a cui Sergio Claudio Perroni ha lavorato per anni, e l’ultima ad avere, infine, consegnato al suo editore. È il tentativo estremo di dire – con la sua solita precisione chirurgica – la grazia e l’indefinitezza del desiderio, e trattenere ogni luce che fa dell’amore l’amore.