Karen Blixen finì di scrivere questi Racconti d'inverno nel 1942, quando due suoi libri - le Sette storie gotiche e La mia Africa - erano già stati accolti trionfalmente nel mondo. La Danimarca era allora sotto l'occupazione tedesca, così la Blixen dovette portare il manoscritto all'ambasciata inglese a Stoccolma, perché lo spedissero negli Stati Uniti. Come garante diede il nome di Churchill. Seppe del loro grande successo solo verso la fine della guerra, quando cominciò a ricevere molte lettere di soldati americani, che avevano letto il libro nell'edizione per l'esercito. Da allora, sempre più numerosi sono i lettori che hanno visto reincarnarsi in lei quel "piccolo personaggio profondo e pericoloso, ben solido, vigile e spietato" che è "il novelliere di tutti i tempi". Al pari di un suo personaggio, la Blixen "narrava le sue storie, anche le più strane, come se le avesse viste accadere coi suoi occhi, e non è affatto escluso che così fosse". E guardava alla sua opera, da tessitrice inarrestabile, come a una sterminata sequenza di racconti intrecciati. Così questi Racconti d'inverno rimandano punto per punto alle Sette storie gotiche e insieme alle narrazioni successive. Ma allo smalto del primo libro, a quella "luminescenza sulfurea" che vi avrebbe notato un'altra grande scrittrice, Carson McCullers, fa seguito qui una nebbia sognante, un perdersi degli orizzonti, uno slancio migratorio fra i boschi, i ghiacci e acque. Su questi sfondi, vibranti di malinconia, si distaccano le variegate figure chiamate volta a volta a giocare quel Gioco degli Opposti che è la perenne ossessione della Blixen. I destini dei suoi personaggi si rovesciano continuamente come guanti, ma non potremo mai dire quale ne è il rovescio e quale il diritto. Desiderio e realtà, schiavo e padrone, uomo e donna, scrittore e lettore, fedeltà e tradimento, onore e vergogna si alternano e mutano senza tregua di abito, come le due silenziose sorelle di uno di questi racconti.
Karen Blixen finì di scrivere questi Racconti d'inverno nel 1942, quando due suoi libri - le Sette storie gotiche e La mia Africa - erano già stati accolti trionfalmente nel mondo. La Danimarca era allora sotto l'occupazione tedesca, così la Blixen dovette portare il manoscritto all'ambasciata inglese a Stoccolma, perché lo spedissero negli Stati Uniti. Come garante diede il nome di Churchill. Seppe del loro grande successo solo verso la fine della guerra, quando cominciò a ricevere molte lettere di soldati americani, che avevano letto il libro nell'edizione per l'esercito. Da allora, sempre più numerosi sono i lettori che hanno visto reincarnarsi in lei quel "piccolo personaggio profondo e pericoloso, ben solido, vigile e spietato" che è "il novelliere di tutti i tempi". Al pari di un suo personaggio, la Blixen "narrava le sue storie, anche le più strane, come se le avesse viste accadere coi suoi occhi, e non è affatto escluso che così fosse". E guardava alla sua opera, da tessitrice inarrestabile, come a una sterminata sequenza di racconti intrecciati. Così questi Racconti d'inverno rimandano punto per punto alle Sette storie gotiche e insieme alle narrazioni successive. Ma allo smalto del primo libro, a quella "luminescenza sulfurea" che vi avrebbe notato un'altra grande scrittrice, Carson McCullers, fa seguito qui una nebbia sognante, un perdersi degli orizzonti, uno slancio migratorio fra i boschi, i ghiacci e acque. Su questi sfondi, vibranti di malinconia, si distaccano le variegate figure chiamate volta a volta a giocare quel Gioco degli Opposti che è la perenne ossessione della Blixen. I destini dei suoi personaggi si rovesciano continuamente come guanti, ma non potremo mai dire quale ne è il rovescio e quale il diritto. Desiderio e realtà, schiavo e padrone, uomo e donna, scrittore e lettore, fedeltà e tradimento, onore e vergogna si alternano e mutano senza tregua di abito, come le due silenziose sorelle di uno di questi racconti.