L'idea di una società coesa e solidale, retta da regole inflessibili, dove ciascuno ha un compito ben definito e nulla è lasciato al caso – simile dunque a un meccanismo perfetto che si muova sulla scena globale come un tutt'uno –, ha sempre affascinato i filosofi, e spesso gli insetti sociali sono stati assunti come modello anche per gli umani. Saggiamente, nel celebrare «la bellezza, l'eleganza e la stranezza delle società degli insetti», Hölldobler e Wilson si astengono da arbitrarie, quanto scontate, estrapolazioni sociopolitiche e restano saldamente ancorati all'ambito che è loro più congeniale, quello della natural history, la biologia sul campo. A differenza dei biologi di orientamento teorico-sperimentale, condividono infatti il gusto per l'osservazione della natura e la minuziosa raccolta di dettagli, unicamente motivati dalla passione per il proprio soggetto. E di questa indagine è frutto Il superorganismo, destinato a modificare radicalmente il nostro modo di guardare le società degli insetti. Protagoniste sono, ancora una volta, le formiche. Presso questi animali prodigiosi – come presso gli altri insetti «eusociali», api e termiti – la divisione del lavoro è così rigorosa da non risparmiare neppure i neonati o la funzione riproduttiva: da un lato la regina madre e gli inoffensivi maschi addetti all'inseminazione, dall'altro la casta delle operaie sterili dedite alla cura della prole regale o impiegate in missioni ad alto rischio. Per spiegare forme tanto estreme di cooperazione, sostengono Hölldobler e Wilson, è necessario ipotizzare una selezione fra gruppi il cui effetto coesivo riesca a superare gli effetti dissolutivi della concomitante selezione individuale all'interno del gruppo. Una colonia è dunque, a un livello più alto, un organismo. E misteriosamente il superorganismo è privo di testa. Nella immensa società degli insetti, poche semplici regole , eseguite ripetitivamente da esseri dal cervello grande quanto un granello di sale, danno luogo, per un fenomeno di organizzazione spontanea, a quello che appare un miracolo di intelligenza – una «civiltà», in assenza completa di coscienza e ragione.
L'idea di una società coesa e solidale, retta da regole inflessibili, dove ciascuno ha un compito ben definito e nulla è lasciato al caso – simile dunque a un meccanismo perfetto che si muova sulla scena globale come un tutt'uno –, ha sempre affascinato i filosofi, e spesso gli insetti sociali sono stati assunti come modello anche per gli umani. Saggiamente, nel celebrare «la bellezza, l'eleganza e la stranezza delle società degli insetti», Hölldobler e Wilson si astengono da arbitrarie, quanto scontate, estrapolazioni sociopolitiche e restano saldamente ancorati all'ambito che è loro più congeniale, quello della natural history, la biologia sul campo. A differenza dei biologi di orientamento teorico-sperimentale, condividono infatti il gusto per l'osservazione della natura e la minuziosa raccolta di dettagli, unicamente motivati dalla passione per il proprio soggetto. E di questa indagine è frutto Il superorganismo, destinato a modificare radicalmente il nostro modo di guardare le società degli insetti. Protagoniste sono, ancora una volta, le formiche. Presso questi animali prodigiosi – come presso gli altri insetti «eusociali», api e termiti – la divisione del lavoro è così rigorosa da non risparmiare neppure i neonati o la funzione riproduttiva: da un lato la regina madre e gli inoffensivi maschi addetti all'inseminazione, dall'altro la casta delle operaie sterili dedite alla cura della prole regale o impiegate in missioni ad alto rischio. Per spiegare forme tanto estreme di cooperazione, sostengono Hölldobler e Wilson, è necessario ipotizzare una selezione fra gruppi il cui effetto coesivo riesca a superare gli effetti dissolutivi della concomitante selezione individuale all'interno del gruppo. Una colonia è dunque, a un livello più alto, un organismo. E misteriosamente il superorganismo è privo di testa. Nella immensa società degli insetti, poche semplici regole , eseguite ripetitivamente da esseri dal cervello grande quanto un granello di sale, danno luogo, per un fenomeno di organizzazione spontanea, a quello che appare un miracolo di intelligenza – una «civiltà», in assenza completa di coscienza e ragione.