Un’esplosione di energia.
Immagini, idee, colori e sentimenti.
L’immaginazione al potere.
Il bisogno di narrare nuove storie – o storie vecchie con un linguaggio nuovo. La retorica in frantumi. La rabbia, la violenza, l’ironia, il desiderio. Una squadra di scrittori per raccontare Il ’68 di chi non c’era , eludere la facile scorciatoia delle memorie dei reduci: undici voci che nel ’68, per ragioni di età, non parlavano ancora o balbettavano appena – voci di narratori fra i più originali e affascinanti degli anni Novanta – s’inventano una propria idea dell’Anno Fatale, raccontano ciascuno una storia, un flash, un’immagine del mondo che cambia. Ne viene fuori il Sessantotto personale, ironicamente autobiografico di Nove, Campo, Lucarelli, Pinardi, Janeczek. Quello spaventoso, nascosto e invendicato di Corrias. Quello sapientemente tenuto sullo sfondo di Doninelli e Voltolini. E ancora, il Sessantotto fantastico e remixato di Scarpa, quello rabbioso e pirotecnico di Pinketts, per concludere con il racconto in forma di poesia di Caliceti, volo lirico multicolore di un’indignazione civile che nel ’68 non avrebbe stonato.
Un’esplosione di energia.
Immagini, idee, colori e sentimenti.
L’immaginazione al potere.
Il bisogno di narrare nuove storie – o storie vecchie con un linguaggio nuovo. La retorica in frantumi. La rabbia, la violenza, l’ironia, il desiderio. Una squadra di scrittori per raccontare Il ’68 di chi non c’era , eludere la facile scorciatoia delle memorie dei reduci: undici voci che nel ’68, per ragioni di età, non parlavano ancora o balbettavano appena – voci di narratori fra i più originali e affascinanti degli anni Novanta – s’inventano una propria idea dell’Anno Fatale, raccontano ciascuno una storia, un flash, un’immagine del mondo che cambia. Ne viene fuori il Sessantotto personale, ironicamente autobiografico di Nove, Campo, Lucarelli, Pinardi, Janeczek. Quello spaventoso, nascosto e invendicato di Corrias. Quello sapientemente tenuto sullo sfondo di Doninelli e Voltolini. E ancora, il Sessantotto fantastico e remixato di Scarpa, quello rabbioso e pirotecnico di Pinketts, per concludere con il racconto in forma di poesia di Caliceti, volo lirico multicolore di un’indignazione civile che nel ’68 non avrebbe stonato.