Se la conquista della coscienza di sé per l’eroe archetipico richiede principalmente la differenziazione dal corpo della madre, lo stesso non si può dire nel caso delle bambine. Dal menarca in poi, a quella Grande Madre che è origine e fine di ogni vita, le future donne ritornano, volenti o nolenti, a partire dal corpo, ed è una via lunga e irta di ostacoli il ritrovarsi e il riconoscersi.
....“Le maghe del vuoto nel ventre” è un libro rosso vivo di pancia e scarlatto di tessuti, rosa di pelle e carminio di cuore, corredato da vivaci e bellissimi disegni, tutti opere della stessa autrice. Tra le parole invece è il colore nero che serpeggia sinuoso e assume il nome di “Nerina”, Ombra che irride Leyla, Angela e Cecilia, protagoniste di una narrazione matrilineare. Nerina parrebbe eredità transgenerazionale collettivamente nota, come il segreto che aleggia negli album in ogni interno di famiglia con traumi, non detti, speranze e delusioni.
Il filo rosso di questo romanzo di formazione mi appare, nella familiarità per il ventre, pancione lunare ripieno della creatura succulenta e contenitore vuoto di materia. Vaso alchemico, l’utero delle nonne, delle madri e delle figlie prende lo spazio delle parole e le fa proprie, le assaggia, le gusta, le mangia, le restituisce infine alle lettrici e ai lettori.
.... Cristina Basile ci regala una storia matrilineare e io immagino che le donne da lei narrate possano essere insieme a noi lettori fruitrici del romanzo, perché, come in uno specchio, Angela, alla quale il medico suggerisce la lettura terapeutica per almeno due ore al giorno, e Cecilia possano dedicarsi alla cura del vaso. Se nel ventre vige il vuoto, allora è apertura: stanza per gli affetti, scatola dei ricordi, pentola per il cibo, ed è luogo in cui possono ritrovare l’anima gli oggetti più cari. ...
Se la conquista della coscienza di sé per l’eroe archetipico richiede principalmente la differenziazione dal corpo della madre, lo stesso non si può dire nel caso delle bambine. Dal menarca in poi, a quella Grande Madre che è origine e fine di ogni vita, le future donne ritornano, volenti o nolenti, a partire dal corpo, ed è una via lunga e irta di ostacoli il ritrovarsi e il riconoscersi.
....“Le maghe del vuoto nel ventre” è un libro rosso vivo di pancia e scarlatto di tessuti, rosa di pelle e carminio di cuore, corredato da vivaci e bellissimi disegni, tutti opere della stessa autrice. Tra le parole invece è il colore nero che serpeggia sinuoso e assume il nome di “Nerina”, Ombra che irride Leyla, Angela e Cecilia, protagoniste di una narrazione matrilineare. Nerina parrebbe eredità transgenerazionale collettivamente nota, come il segreto che aleggia negli album in ogni interno di famiglia con traumi, non detti, speranze e delusioni.
Il filo rosso di questo romanzo di formazione mi appare, nella familiarità per il ventre, pancione lunare ripieno della creatura succulenta e contenitore vuoto di materia. Vaso alchemico, l’utero delle nonne, delle madri e delle figlie prende lo spazio delle parole e le fa proprie, le assaggia, le gusta, le mangia, le restituisce infine alle lettrici e ai lettori.
.... Cristina Basile ci regala una storia matrilineare e io immagino che le donne da lei narrate possano essere insieme a noi lettori fruitrici del romanzo, perché, come in uno specchio, Angela, alla quale il medico suggerisce la lettura terapeutica per almeno due ore al giorno, e Cecilia possano dedicarsi alla cura del vaso. Se nel ventre vige il vuoto, allora è apertura: stanza per gli affetti, scatola dei ricordi, pentola per il cibo, ed è luogo in cui possono ritrovare l’anima gli oggetti più cari. ...