«All’amore si devono chiedere solo alcuni istanti, che davvero equivalgono a un’eternità»: così confessava Luis Cernuda due anni dopo aver concluso le "Poesie per un corpo", che rappresentano il retaggio poetico di una breve e intensa storia d’amore con un giovane messicano di nome Salvador. L’incontro, avvenuto nel 1951, allorché Cernuda – in esilio dal 1938 come tanti altri poeti spagnoli della sua generazione – dopo aver vissuto in Inghilterra, in Scozia e negli Stati Uniti, ritrova in terra messicana il sapore mai sopito della sua lingua natale e decide di trasferirvisi. La sua permanenza in Messico si protrarrà fino alla morte, e splendido prodotto di quell’incontro resteranno le "Variazioni su tema messicano" – già pubblicate in questa stessa collana – che cantano appunto la scoperta e l’amore per il Messico, filtrati attraverso la memoria sofferente della perduta patria. Ma a questa stagione si ascrivono anche queste bellissime "Poesie per un corpo", vero e proprio canzoniere amoroso, intensa celebrazione della passione d’amore e, insieme, nel loro raro equilibrio fra intensità di sentimento e perfezione formale, uno dei momenti più alti della poesia di questo grande poeta.
L'autore:
«Un altro fantasma, carnale, troppo carnale questo sì, ma dissolto in fondo nello spettro sensuale delle sue parole, era Luis Cernuda, un poeta elegante, ricercato, omosessuale, che di tanto in tanto compariva in Messico, dove era sempre accolto dal collega Octavio Paz; i due litigavano perché l’arroganza di Cernuda era sfacciata e quella di Paz ingannevole, ma finivano sempre con il riconciliarsi, grazie al fervore poetico condiviso. Pian piano nasceva il consenso: Luis Cernuda era il più grande poeta spagnolo della sua generazione».
Carlos Fuentes
«All’amore si devono chiedere solo alcuni istanti, che davvero equivalgono a un’eternità»: così confessava Luis Cernuda due anni dopo aver concluso le "Poesie per un corpo", che rappresentano il retaggio poetico di una breve e intensa storia d’amore con un giovane messicano di nome Salvador. L’incontro, avvenuto nel 1951, allorché Cernuda – in esilio dal 1938 come tanti altri poeti spagnoli della sua generazione – dopo aver vissuto in Inghilterra, in Scozia e negli Stati Uniti, ritrova in terra messicana il sapore mai sopito della sua lingua natale e decide di trasferirvisi. La sua permanenza in Messico si protrarrà fino alla morte, e splendido prodotto di quell’incontro resteranno le "Variazioni su tema messicano" – già pubblicate in questa stessa collana – che cantano appunto la scoperta e l’amore per il Messico, filtrati attraverso la memoria sofferente della perduta patria. Ma a questa stagione si ascrivono anche queste bellissime "Poesie per un corpo", vero e proprio canzoniere amoroso, intensa celebrazione della passione d’amore e, insieme, nel loro raro equilibrio fra intensità di sentimento e perfezione formale, uno dei momenti più alti della poesia di questo grande poeta.
L'autore:
«Un altro fantasma, carnale, troppo carnale questo sì, ma dissolto in fondo nello spettro sensuale delle sue parole, era Luis Cernuda, un poeta elegante, ricercato, omosessuale, che di tanto in tanto compariva in Messico, dove era sempre accolto dal collega Octavio Paz; i due litigavano perché l’arroganza di Cernuda era sfacciata e quella di Paz ingannevole, ma finivano sempre con il riconciliarsi, grazie al fervore poetico condiviso. Pian piano nasceva il consenso: Luis Cernuda era il più grande poeta spagnolo della sua generazione».
Carlos Fuentes