Dal 1921 al 1923 Emilio Cecchi tenne sul quotidiano “La Tribuna” una rubrica letteraria, Libri nuovi e usati, in cui perizia e gusto di contraddizione si sposavano magistralmente. Cecchi si firmava “Il tarlo” e dedicava le sue riflessioni e le sue stoccate a libri, autori e problemi, spesso con tono divertente e grottesco. La scelta qui proposta ne è un esempio che testimonia un modo, libero e coraggioso, di intendere la letteratura e quanto ad essa è connesso, e un’attitudine verso la vita culturale e morale della nazione in un momento delicatissimo per gli equilibri del giovane stato italiano.
"Ci sono, al mondo, molti brutti mestieri, molti mestieracci: il tosatore di cani, il bambino in fasce, e il fattorino tramviario, verso mezzogiorno, quando tutti cercano di scendere senza pagare. Ma il mestiere più brutto di tutti, a quanto posso intendere, deve essere quello di estensore, di tenutario di una rubrica del genere di questa, di Libri nuovi e usati".
Dal 1921 al 1923 Emilio Cecchi tenne sul quotidiano “La Tribuna” una rubrica letteraria, Libri nuovi e usati, in cui perizia e gusto di contraddizione si sposavano magistralmente. Cecchi si firmava “Il tarlo” e dedicava le sue riflessioni e le sue stoccate a libri, autori e problemi, spesso con tono divertente e grottesco. La scelta qui proposta ne è un esempio che testimonia un modo, libero e coraggioso, di intendere la letteratura e quanto ad essa è connesso, e un’attitudine verso la vita culturale e morale della nazione in un momento delicatissimo per gli equilibri del giovane stato italiano.
"Ci sono, al mondo, molti brutti mestieri, molti mestieracci: il tosatore di cani, il bambino in fasce, e il fattorino tramviario, verso mezzogiorno, quando tutti cercano di scendere senza pagare. Ma il mestiere più brutto di tutti, a quanto posso intendere, deve essere quello di estensore, di tenutario di una rubrica del genere di questa, di Libri nuovi e usati".